Giornate del Dialogo

Con il dibattito di sabato 9 Aprile si sono concluse le due giornate dedicate al dialogo interculturale e interreligioso, giornate che hanno suscitato un grande interesse e intercettato un’esigenza fortemente avvertita nel territorio ibleo.

Molto ricca di stimoli e prospettive la prima giornata dedicata al dialogo ebraico cristiano, dal titolo “il Dialogo Cristiano Ebraico oggi, a 50 anni dalla Nostra Aetate”. Dopo i saluti di p. Salvatore Converso, Prefetto agli studi dell’Istituto teologico ibleo, e del Vescovo di Ragusa, mons. Carmelo Cuttitta, la Prof.ssa Elena Lea Bartolini (docente di Giudaismo presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e l’Università degli studi di Milano-Bicocca) ha esposto in maniera semplice e brillante le varie tappe del ritrovato dialogo tra cristiani ed ebrei, figli dello stesso Abramo, padre della fede, ma per anni divisi da discordie e incomprensioni.

Partendo dai primi secoli durante i quali non c’è mai stata traccia di una scomunica reciproca, la professoressa ha rimarcato l’influenza che storicamente ha esercitato l’accusa – mossa dai cristiani agli ebrei – di deicidio e di mancato riconoscimento di Gesù come Messia sul diffondersi dell’antigiudaismo, fenomeno da distinguersi, beninteso, dall’antisemitismo di matrice nazista che ha caratterizzato la storia contemporanea.

Dopo aver passato in rassegna i “dieci punti di Seelisberg” del 1947, “magna charta” del cambiamento di atteggiamento nei confronti del giudaismo e ripresi nel 1965 dalla “Nostra Aetate”, la Bartolini ha posto l’attenzione sui gesti dei papi del Novecento, che da Giovanni XXIII in poi hanno aperto la strada a quel processo di revisione teologica che tanti bei frutti sta portando nelle relazioni tra le due confessioni. Pure dopo il Concilio Vaticano II si sono moltiplicati i documenti in merito da parte del magistero ecclesiale, ove si sono date delle linee guida per la corretta applicazione degli orientamenti della “Nostra Aetate”.

Importanti, storicamente parlando, le tappe definite dall’istituzione della “Giornata della conoscenza tra ebrei e cristiani” per il 17 gennaio, e che diventerà dal Duemila la “Giornata del dialogo tra ebrei e cristiani”; così come dall’eliminazione dell’accusa di deicidio nel 1992 dal Catechismo della Chiesa Cattolica, o dal documento del 1999 sulla responsabilità delle chiese cristiane nei confronti della Shoah, oppure ancora dall’importanza dell’ermeneutica ebraica per la teologia cristiana attestata da due importanti documenti della Pontificia Commissione Biblica del 1993 e del 2001.

Giungendo alle conclusioni, la studiosa ebrea ha sottolineato come, se da un lato, seguendo le suggestioni di rav Di Segni durante la terza visita in sinagoga a Roma da parte di un papa lo scorso 17 gennaio, secondo cui “quando nella tradizione ebraica un avvenimento si ripete tre volte esso diventa consuetudine”, dall’altro occorre un’adeguata elaborazione dei contenuti degli studiosi in prassi alla base. Non ultimo, l’importante e fondamentale documento dello scorso dicembre ad opera della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, nel quale si arriva a sostenere che la pace in Terra Santa dipende dal dialogo che le religioni riusciranno ad intraprendere e sviluppare.

Altrettanto interessante e dai risvolti inaspettati la seconda ed ultima giornata dedicata al dialogo interculturale intitolata “Religioni e Violenza, Ebraismo, Cristianesimo e Islam a confronto” in cui i diversi relatori hanno esposto il punto di vista della propria religione di appartenenza nei confronti della violenza. In maniera alquanto sorprendente, sono giunti tutti alla stessa conclusione: non c’è mai stato, né mai ci sarà posto per la violenza nella religione, la quale altro non è che pace e amore.

Un incontro di dialogo e dibattito, ma anche un incontro in cui si è dato spazio all’arte visiva, tramite la proiezione di opere in cui venivano ritratti momenti della storia del popolo d’Israele, e all’arte teatrale, con l’intervento dell’attrice Milena Nobile che ha mirabilmente interpretato i versetti biblici, francescani e coranici suggeriti dai tre relatori. Si è così creata un’atmosfera unica, la cui base per la verità è stata posta da un gruppo di bambini e ragazzi che frequentano il doposcuola interculturale offerto dall’Associazione “Calicantus” e dal Santuario dell’Immacolata. Si è infatti aperto il pomeriggio con la recita corale della “preghiera della gioia”, una preghiera composta dai  giovani volontari che seguono questi ragazzi, e che abbraccia la fede cristiana e quella islamica, segno che un punto d’unione spirituale esiste ed è sempre esistito.

Il primo a prendere la parola è stato il moderatore dott. Giuseppe Di Mauro, dell’equipe organizzativa della Cattedra di “Dialogo tra le culture” di Ragusa, che attraverso una breve introduzione al dialogo in sé ha dato il via alla giornata, teatro d’incontro delle diverse culture.

È stato poi il turno della Prof.ssa Elena Lea Bartolini. Con il suo modo estremamente semplice e coinvolgente ha esposto il legame tra ebraismo e violenza. Degno di nota, l’ausilio di opere artistiche, come quello legato alla caduta delle mura di Gerico al suono delle trombe, episodio che, se non contestualizzato, testimonia un atto di violenza verso questa città; in realtà, ha spiegato la professoressa, se adeguatamente contestualizzato, si riesce a capire che le trombe non sono state mezzo di distruzione ma di celebrazione. Profondo il messaggio lanciato a conclusione dalla docente ebrea: “la guerra è guerra, non un segno divino ma una scelta umana”.

Il prof. p. Biagio Aprile, docente di Patrologia presso la Pontificia Facoltà Teologica “S. Bonaventura” di Roma e rettore del Santuario di “S. Francesco all’Immacolata” ha voluto usare la concretezza di un fatto realmente accaduto a testimonianza di un dialogo sempre possibile se si riesce a guardare oltre le differenze per riscoprire ciò che da sempre ci unisce. Chiave del suo discorso è stato l’episodio della vita di S. Francesco in cui incontra a Babilonia il sultano d’Egitto, incontro che a quei tempi, siamo nell’anno 1219, doveva essere taciuto in quanto ai loro occhi era visto come una sconfitta, ma S. Francesco, con la sua forte convinzione che la vera paternità risiede in Dio e questo quindi ci rende fratelli, non vede in questo incontro una sconfitta ma, come in seguito anche il resto del mondo comprenderà, il momento di più grande incontro tra le due religioni. A Babilonia vi fu un incontro tra il Vangelo e il Corano, in cui né S. Francesco ebbe paura del profeta Maometto, né il sultano ebbe paura di Cristo, ma entrambi ebbero l’opportunità di conoscersi, senza il pregiudizio che fa vedere nell’altro lo sbagliato, “l’infedele”.

Particolare interesse ha suscitato l’Imam Yusuf Abd al Hady Dispoto, responsabile della Co.Re.Is. Italiana per la Regione Sicilia. La religione islamica, purtroppo, visti gli avvenimenti degli ultimi anni, è spesso vittima d’ignoranza e incomprensione, ed è per questo che numerose sono state le domande a lui rivolte dal pubblico, a cui questa religione è presentata, dai media e dal populismo dilagante, come una religione violenta, portatrice di odio e morte.

Argomenti delicati, quindi, quelli toccati durante il dibattito, all’interno del quale con estrema delicatezza e chiarezza l’Imam Dispoto è stato in grado di far capire che quella che riceviamo dai media altro non è che una visione distorta dell’Islam, religione estremamente legata al cristianesimo e ancor di più all’ebraismo, che come esse predica pace e amore tra i popoli, parole commentate dell’Imam ma che si trovano scritte nello stesso Corano, il testo sacro dell’Islam, travisato e riletto a loro piacimento dagli integralisti, che quasi modellano lo stesso Dio per farlo combaciare con le loro idee.

Informiamo i lettori, inoltre, che usciranno presto in formato digitale i “Quaderni del dialogo” curati dalla Cattedra, con uscita periodica e gratuita.

 

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